Il viaggio

Quando si organizza un viaggio lontano si pensa che si spenderanno tanti soldi: prenotare l’aereo o il treno e un posto dove poter dormire, mettere in conto un mezzo da noleggiare o forse i biglietti per i mezzi pubblici.

Ogni spostamento richiede del denaro, a meno che non sia fatto a piedi: ma nessuno vorrebbe attraversare le Alpi come fece Annibale o arrivare alle Americhe senza le caravelle di Colombo. Insomma, fior fiore di quattrini che lasciano le proprie tasche per andarsene a spasso per il mondo.

Il viaggio Semiotictransfer

Appena si arriva però tutto cambia: nel momento in cui si tocca la terra tanto desiderata da diverso tempo ci si sente un po’ come bambini che vedono qualcosa per la prima volta. Si sente la ricchezza del mondo.

Eppure, la lingua non corrisponde, iniziano le difficoltà nel comprendere gli altri e nel farsi capire. Si prova ad esprimere un suono che assomigli a quello emesso dall’altro, a replicare i gesti che si vedono per le strade, a imitare i comportamenti più comuni, ma le difficoltà permangono. Ci si sente estranei.

Poi però si prende coraggio, si visitano i posti, si iniziano ad associare gli oggetti ai nomi che li designano, si osservano gli altri e si capisce per esempio che il cassiere al supermercato non sta insultando nessuno, ma chiede cortesemente se si ha bisogno di una busta, sebbene non si sia veramente capita quella parola.

Volti nuovi sembrano persino avere fattezze di visi già noti, per le strade ci si muove con sicurezza: ormai si sa che quel termine sta indicando una piazza e l’altro una via. Non si ha paura di fare domande, qualcuno cortese che farà lo sforzo di capire e di aiutare si trova sempre.

Ebbene sì, si vuotano le tasche dalle monete per riempirle di novità, esperienze, usi e costumi, curiosità, cibi nuovi, musica locale, suoni e odori che non si sentiranno mai altrove. Improvvisamente quel posto, quella parte di mondo spiegata da una lingua diversa, inizia a diventare la propria.

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